Cannavine
ALLA SCOPERTA DEI BORGHI RURALI DELLA LAGA:
57) CANNAVINE DI VALLE CASTELLANA, CIVILTÀ PASTORALE E SITI RUPESTRI AL COSPETTO DI RE MANFREDI
Quando si arriva al mattino, c’è solo il soffio del vento a fare compagnia e la sensazione è così piacevole, che il pensiero corre subito al contrasto del frastuono delle aree rurali appena lasciate alle spalle. Quei rumori molesti e penetranti che non lasciano più modo di apprezzare questa semplice ebbrezza…
Qui invece solo l’eco dei miei passi illude l’impressione di una presenza, ma è solo apparenza che svanisce in un lampo, poiché l’attenzione è calamitata dalla profondità dei riflessi di luce che tutt’intorno si accavallano in un turbinio di colori. Ogni tanto si intercettano a distanza profili di siti raggiunti molte volte in escursione che mutano in continuazione secondo le diverse prospettive visive del mio punto di osservazione.
Sto percorrendo un tratto di sentiero nell’alta Valle del Salinello che ha inizio dalla località di Macchia da Sole, per raggiungere CANNAVINE, un’altra frazione di Valle Castellana, un piccolissimo borgo disabitato da tempo, che tuttavia vanta un passato ricchissimo di storia. È situato a 978 metri di altitudine e dista soltanto un chilometro e mezzo dalla prima località.
C’è subito una cosa che colpisce: la posizione geografica: si cammina quasi in cima alla testata della valle calcarea a forma di imbuto, dominata ai lati dall’imponente mole della Montagna dei Fiori da una parte e dal Monte Foltrone dall’altra. In basso invece è la sbalorditiva forra scavata dal Torrente Salinello ad impressionare l’osservatore, mentre di fronte si può intravvedere l’unica stretta finestra verso la modernità: quella che apre la vista verso i vicini colli aprutini, alle spalle dei quali appare persino l’incredibile bellezza azzurra del Mare Adriatico.
Tutto ciò si osserva avendo in primo piano gli inconfondibili e suggestivi ruderi di Castel Manfrino, adagiati su un costone roccioso a guardia delle Gole. Le severe balze calcaree costantemente battute dal vento, l’atmosfera di solitudine e l’accesso complicato, hanno rappresentato in passato i luoghi ideali di sacralità e misticismo per religiosi e asceti, attraverso l’esistenza di piccole nicchie e delle cavità naturali apparentemente inospitali trasformate con il duro lavoro nei suggestivi Eremi Rupestri.
Intorno al piccolo borgo ormai in rovina il bosco lascia spazio alle radure erbose che in tarda primavera regalano le emozioni più belle: è l’impronta indelebile della civiltà pastorale ancora percettibile nonostante l’abbandono. Un abbeveratoio nel paese, l’ampiezza degli stazzi e quell’inconfondibile profumo di pascolo che rimane impresso nell’aria, anche in assenza delle greggi.
Ma c’è dell’altro in questi luoghi d’incanto che non si riesce a svelare così facilmente; per riuscirci, occorre ascoltare le innumerevoli leggende tramandate da secoli e fermarsi qualche ora a raccogliere la grandiosità di questa inimitabile scenografia naturale. Fino a quando arriva un momento in cui ti accorgi di non essere in un luogo qualunque, ma nella rotta di un sogno fuori dall’ordinario, dove mare, cielo, vette, luci e colori, si incontrano per recitare la sinfonia più strabiliante, quella mai suonata in precedenza…
03 febbraio 2024